Profiler, Massimo Picozzi, 2016
Chiariamo
immediatamente: Profiler non è un romanzo, è un manuale.
Tutto
inizia con un sorriso: il sorriso di Silvia, bambina di 4 anni incontrata
nell’ospedale di Milano nel reparto di neuropsichiatria infantile. Dietro quel
sorriso, un trauma.
Ho
avuto l’onore di incontrare questo celebre professore, ad un incontro
organizzato dal Festival Nebbia Gialla (già indicato nella recensione
precedente, “La Sposa scomparsa”).
“Questo
libro è una sorta di manuale che insegna come riconoscere i predatori moderni.
Questo episodio risale all’anno 1979: fu per me affrontare il disagio. Ero
giovane e studente, mi misi a giocare con questa bambina. Tutto andò bene. Il
professore mi ammonì: nulla era come si poteva vedere”. Così Picozzi esordì,
quel 5 febbraio nebbioso, quando lo incontrai.
Questo
testo si suddivide in due parti: in una prima parte troverete nozioni di
criminologia, teorie sociali e descrizioni di soggetti pericolosi, la figura
dello psicopatico descritto come “colui che non ha morale, il cui carattere
principale è la mancanza di affettività”.
La seconda parte è utilissima per tutti coloro che non sanno come
comportarsi davanti al pericolo, come affrontarlo, cosa fare e cosa non fare:
dalla violenza sulle donne, sui bambini, contro gli anziani, il problema dello
stalking, come riconoscere i carnefici, quando darsi alla fuga o quando è
arrivato il momento di chiudere il vostro tanto amato profilo Facebook per
salvaguardarvi.
Quella
domenica di febbraio la cosa che più mi sorprese di Picozzi fu il delineare i
pericoli moderni: “I serial killer non esistono più; di conseguenza la figura
del profiler è cambiata: non vengono utilizzati per la ricerca di assassini
senza scrupoli, ma per ricerche manageriali, per consulenze aziendali”.
Perché
in fondo ammettiamolo.
Siamo
tutti un po’ psicopatici.
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