La fioraia del Giambellino, Rosa Teruzzi, 2017
Libera,
Vittoria e nonna Iole: tre donne, tre generazioni, tre caratteri, tre
differenti vite. Che cosa le accomuna? L’essere parenti (anche se non lo
sembrano, eh), l’avere tutte e tre dei segreti, la sete di verità, ad ogni
costo (forse solo la nonna più hippie che ci sia, Iole, adora fare la
detective, così, per diletto). La seconda avventura di Libera, famosa per i
suoi bouquet fortunati inizia con l’incontro di Manuela, in cerca del padre: un
padre che non ha mai conosciuto, che vorrebbe conoscere, saperne il nome ma che
la madre Patrizia non ha la minima intenzione di rivelarle. Così ha inizio una
rocambolesca indagine: tra il laboratorio di Libera, pieno di fiori, di
profumi, di libri, la Questura dove la figlia Vittoria lavora e il cui capo
Gabriele è amico di famiglia da sempre; le parrucche di nonna Iole, utilizzate
per non essere riconosciuta nelle loro indagini personali. E poi bigliettini e
lettere segrete dal pesante significato, dalla consapevolezza che ancora una
volta la verità dovrà venire dolorosamente a galla. Così tra scomparse,
delitti, duelli amorosi, dubbi, tra il ricordo di nonno Spartaco e la
collaborazione di Dog (giornalista dedito sì al suo lavoro ma non alla doccia),
le tre donne vivono, ridono, soffrono, si perdono per poi ritrovarsi, litigano
per poi abbracciarsi (mentre Iole imperterrita continua a girare senza mutande).
Fiori, indagini, donne, segreti, paure e forza: tutti gli ingredienti di un
libro che vi terrà incollati fino al finale che nessuno si sarebbe mai
aspettato. Un’indagine con la I maiuscola.
Il
trio delle meraviglie, nello sfondo della loro casetta, la veranda familiare
piena di prelibatezze (perché si, Libera, nei momenti di preoccupazione, per svuotare
la mente, si trasforma in un’ottima cuoca), le campane della chiesa di San Cristoforo,
diventeranno per noi lettori luoghi piacevoli sicuri dove potersi rilassare tra
libri e fiori: fiori bellissimi.
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