Fai bei sogni, Massimo Gramellini, 2012
Immagino
di sedermi di fronte a te, in Piazza Vittorio Veneto, in una fredda giornata di
Novembre, ordinando due cioccolate calde con panna in uno di quei bar storici,
piccoli ma maestosi.
Coprirei
l’imbarazzo iniziale con un vortice di frasi e di parole, raccontandoti di
quando da bambina ho costretto i miei genitori a portarmi in visita a Torino,
al Museo Egizio, solo perché a scuola era stato nominato e mi ero appassionata
subito al rito della mummificazione. Farei finta di non averti davanti, di non
aver davanti quel Massimo protagonista del tuo stesso libro. Ti chiederei del
tempo di Torino e della tua squadra del cuore, se ancora vai allo stadio. Ti
domanderei qualcosa di più sulla strage di Superga, cosa si diceva, cosa ti
raccontò il tuo papà a riguardo.
Ti
direi che sono una lettrice accanita di gialli, di thriller, finché non sono
inciampata su quella copertina azzurra dal titolo dolce e semplice.
Ti
guarderei e sono sicura che vedrei nei tuoi occhi l’amore insaziabile misto a
dolore e forza.
Prenderesti
la parola zittendomi con un dolce sguardo, spiegandomi com’è nato il tuo libro,
omettendo la tua musa ispiratrice, perché
quella è inutile che tu me la dica. Ti ascolterei con tutti i cinque i
sensi. Ti offrirei quella dolce cioccolata ormai finita che però avrà
riscaldato i corpi infreddoliti. Mentre tu alla fine avrai riscaldato il mio
cuore, l’animo di una ragazza che non ha vissuto ciò che tu hai vissuto sulla
tua pelle. Ti ringrazierei, ti stringerei la mano e all’uscita del bar, ti
sorriderei e con un occhiolino fine e impercettibile ti augurerei di fare bei
sogni per il resto del tuo tempo.
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