Testimone inconsapevole, Gianrico Carofiglio

Esistono delle professioni “antipatiche”: una di queste è quella dell’avvocato.
Guido Guerrieri è nel suo studio intento a far finta di concentrarsi: qualche cliente incattivito, alcune parcelle pronte per essere ricevute, l’agenda vuota da appuntamenti, perché si sa, chi ha bisogno dell’avvocato penalista si catapulta a tutte le ore nell’ufficio in cerca di una soluzione immediata.
Anche gli avvocati, all’apparenza cinici e senza scrupoli, hanno una famiglia; anche Guido ne aveva una… forse sì, ha fato il furbetto un paio di volte, si è divertito in qualche piccolo tradimento senza senso, ma Sara lo aspettava sempre fino a quando un giorno, tutto è cambiato, trasformandolo: è così che si trova a vagare senza meta, fumare, non dormire, psicoanalizzarsi, perdere la fiducia in se stesso, fino a quando, un nuovo cliente ha bisogno del suo aiuto.
Inizia a conoscerlo indirettamente, perché non è lui a chiedere direttamente aiuto; lui è in carcere. Si presenta così Abaigiage Deheba che si siede di fronte a lui con aria quasi altezzosa e gli mostra delle carte, dei fogli. In silenzio.
L’imputazione che vede, nero su bianco è grave e non lascia scampo: Abdou Thiam, cittadino del Senegal è accusato del reato di cui all’art. 605 c.p. e del reato di cui all’art. 575 c.p., trattasi rispettivamente di sequestro di persona e omicidio ai danni del piccolo Francesco di 9 anni.
Guido diventa così il suo avvocato; deve difenderlo, deve credere in una giustizia che forse realmente non è, deve guardare in faccia quella realtà che gli viene sbattuta violentemente.
Non sa se il suo cliente è colpevole o no, non sa se avrà fiducia in lui e non capisce nemmeno se lui stesso avrà fiducia, se crederà all’indagato.
Le prove contro di lui sono schiaccianti.
Guido in cuor suo, sa che il carcere non è il posto adatto per Abdou.
È necessaria la certezza.

Oltre ogni ragionevole dubbio.

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