Agatha Raisin e la quiche letale, Astoria, 2011

“Cinquantatré anni, capelli di un castano scialbo, un viso squadrato e insignificante, corporatura tozza. Nelle pubbliche relazioni è utile avere un certo fascino, e Agatha ne era del tutto sprovvista. I risultati li otteneva applicando in modo alternato la tecnica poliziotto buono/poliziotto cattivo; ora faceva la prepotente ora la ruffiana, per conto dei suoi clienti”.
È così che la signora Raisin decide di andare in pensione. Stanca della vita londinese, del cielo grigio e del caos metropolitano, ha comprato un cottage nei Cotswolds, precisamente a Carsely. Un villaggio fiabesco, con casette che sembrano disegnate, con pochi abitanti, pochi turisti. Insomma una vita perfetta.
Ma non è tutto oro quel che luccica.
Dopo una gara di quiche, ecco che il giudice della gara, il signor Cummings-Browne viene ritrovato morto.
Così Agatha , tra un gin tonic e l’altro, tra un pasticcio scaldato al microonde e pollo al curry rigorosamente surgelato, capisce non essere stato un incidente la morte del giudice.
Parallelamente l’agente Bill Wong, cinesino dall’aria simpatica esorta l’ex PR a restare fuori dagli intrighi di Carsely.
Dopo aver bevuto thè caldo con le Dame di Carsely, aver stretto amicizia con la signora Bloxby, aver rubato la domestica Doris Simpson alla vicina (ahimè ha fatto anche questo!), essere scappata a gambe levate dalla signora Barbara, Agatha è vicino alla verità.
E proprio quando, restia a rimanere in quel villaggio all’apparenza tutto rosa e fiori, tutto cambia.

Una nuova vita fuori dal grigio londinese, ha inizio.

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