Non ditelo allo scrittore, Alice Basso, 2017

Vani Sarca è il personaggio più atipico che ci si possa aspettare all’interno di un romanzo: proprio per questo motivo è unica. Non ha ancora abbandonato il suo lungo, vecchio, impermeabile nero e nemmeno i suoi anfibi.
Irma e Morgana le sue migliori amiche con età molto differenti, tanto da rappresentare gli antipodi di due generazioni (solo lei, a cui non gliene frega niente di avere amici comuni e noiosi, poteva trovarsi amiche così strane e diverse tra loro, ma simili a lei tanto da essere piccola Vani e Vani l’anziana), si incontrano ormai abitualmente per affrontare tutti gli argomenti più disparati che la vita offre a tre persone così strane ma così uguali tra di loro.

Vani, ghostwriter di professione, sempre sul pezzo, sempre e comunque in cerca di uno stipendio più alto a cui aggrapparsi per dare un senso a tutte le cose che per lei non hanno un minimo di spiegazione (se non essere una gran rottura di palle) dovrà battersi tra il suo Editore, per un lavoretto “semplice semplice” che ha in serbo per lei e il suo capo, il vero Capo, il Commissario Berganza che alla Robert De Niro spunta fuori con le sue indagini, con i suoi grattacapi che donano linfa e vitalità ad una come Vani (a meno che non chiami alle 8 di mattino di domenica, perché si sa, alla domenica nessun orario è accettabile per essere disturbati; peggio ancora se è Enrico Fuschi). Torna così, con il terzo episodio ( e mi auguro non ultimo), Vani Sarca, più matura, leggermente meno strafottente (ho detto LEGGERMENTE) e tra passato e presente, riderete da soli dal divertimento, adorerete le sue battute sottili, pungenti e perfide (se le capirete ovviamente): perché quando lo finirete, quando arriverete all’ultima pagina capirete che tutti, dico TUTTI (non autoescludetevi pensando di essere meglio) dovremmo vanisarchizzarci un po’.

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