Le vite parallele, Antonio Fusco

Il commissario Casabona arrivò nel suo studio, si tolse il solito giaccone e sospirò.
Doveva raccogliere le ultime cose prima di raggiungere la moglie Francesca in ospedale.
Proietti con aria quasi indifferente gli si parò davanti con un nuovo caso. Martina Bonelli, una bambina dal viso angelico, occhi azzurro cielo e capelli biondi come il miele era scomparsa da qualche giorno.
Casabona rimase apparentemente indifferente: non aveva la minima intenzione di interessarsi al caso. Lui da quel commissariato se ne stava andando, per seguire la malattia della moglie, per starle vicino e per sostenerla.
Dopo un piccolo scontro tra il commissario e il suo vice, prese la porta e ne uscì.
Il viso di quella bambina si era tuttavia già stampato nella sua memoria.
Le scomparse hanno sempre un retrogusto amaro. Tutte quelle anime si trovano insieme in quel libro, tra la vita e la morte.
Francesca non lo attendeva in ospedale, era distaccata, non era sicura di aver sconfitto il mostro che ormai la tormentava. Quello che sapeva era che non voleva impietosire nessuno. Suo marito doveva tornare a lavorare: quella bimba aveva bisogno di lui.
Casabona decise di tornare nella sua seconda casa, accanto alla sua seconda famiglia.

Martina doveva essere ritrovata e la questura di Valdenza aveva bisogno di lui. Ma soprattutto lui aveva bisogno del suo lavoro.

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