Ad occhi chiusi, Gianrico Carofiglio

L’avvocato Guerrieri rispose al telefono: era Tancredi. Ispettore della polizia, quasi un amico, insomma tra di loro, per quanto non si conoscessero benissimo, c’era qualcosa in comune.
Così si presentò nello studio insieme a una donna, jeans, maglietta e giubbotto di pelle. Suor Claudia.
Guerrieri, come sempre quando si trova in imbarazzo, farfuglia, con frasi di poco conto, come quando le persone, non sapendo come salutare dicono “salve”.
Un nuovo incarico per lui: la difesa di parte civile in un processo dove la persona offesa di chiamava Martina Fumai, l’imputato era invece il figlio del presidente di una delle sezioni penali della Corte d’Appello. I reati maltrattamenti e violenza privata.
Insomma in quel momento Guerrieri aveva voglia di una sigaretta, ne avrebbe avuto bisogno.
Accettò l’incarico.
Le successive incombenze furono come una catena di montaggio: incontrare il Pubblico Ministero, la Dottoressa Mantovani, fare copi, copie e copie, incontrare di nuovo la cliente, spiegare senza spaventare.
Purtroppo Guerrieri venne a sapere chi era il fortunato avvocato della sua controparte: Dellissanti, abituato a girare circondato di segretarie e portaborse.
Non ebbe paura: doveva difendere questa giovane donna, vedeva nei suoi occhi la paura, le denunce fatte ma mai considerate, vedeva negli occhi di Suor Claudia, freddi, gelidi, quando parlava della situazione di Martina.

Ed è così che anche questa volta l’avvocato Guerrieri si ritrova sul ring aspettando di assestare il KO finale.

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