Sara al tramonto, Maurizio De Giovanni

Su quella panchina, nessuno la notò.
Nessuno l'avrebbe vista, nessuno l'avrebbe riconosciuta.
Nessuno si sarebbe mai accorto di lei.
Semplice.
Lei non esisteva. 
Sara aveva sempre avuto quella dote: sparire, non esistere, rimanere in disparte.
Lei guardava le persone, le osservava e capiva: capiva i loro sguardi, le loro voci, le loro sensazioni senza bisogno di avvicinarsi, le capiva solo guardandole e senza farsi vedere.
Sapeva di aver chiuso con quel lavoro: aveva chiuso dal giorno in cui tutto finì. Il giorno in cui il sonno le venne tolto per sempre dimenticandosi di vivere.
Fino al giorno in cui incontrò la sua ex collega Teresa che le propose una piccola consulenza, fuori dagli schemi, fuori dall'ufficialità, fuori dalla sua esistenza.
Sara capì subito che avrebbe dovuto accettare l'incarico.
L'avrebbe dovuto fare per l'amore della sua vita, per cui aveva sacrificato tutto; lo doveva alla donna della panchina che incontrava al tramonto, che le parlava, che l'aveva accettata e non giudicata nonostante una verità comprensibile a pochi.
Un omicidio, un colpevole, una ricca famiglia e vite apparentemente tranquille.
Una piccola vita da salvare, al fianco dell'ispettore Davide Pardo, uomo sempre accompagnato dal suo non troppo fedele compagno Bovaro del Bernese, Boris che lo trascina in ogni vicolo della città.
Sara glielo deve: lo deve all'amore per l'uomo di sempre, lo deve a Viola, la ragazza della panchina, lo deve a se stessa e alla tentazione di ricominciare a vivere.

Commenti

Post più popolari